Elaborare la perdita, ovvero passaggio obbligato per una (futura) sana genitorialità
Nel lutto pre e perinatale si deve elaborare la perdita di quel figlio portato nella pancia, nato morto o deceduto dopo la nascita, che non si potrà né cullare né veder crescere, ma che resterà sempre parte di noi.
Elaborare il lutto significa lavorare sulla perdita attraverso il dolore, il pianto, l’incredulità, la rabbia l’iniziale diniego.
Freud ha ben evidenziato che elaborazione a seguito di una perdita passa attraverso fasi ben definite, diniego, accettazione e distacco, che necessitano tempi che variano da soggetto a soggetto.
Il vissuto del lutto è la risposta più istintiva ed umana alla perdita e all’attaccamento affettivo creatosi, al di là del tempo. E’, dunque, sulla perdita che si deve lavorare per poter approdare alla accettazione della nuova realtà. (Freud, 1917)
Le fasi e le reazioni che le caratterizzano:
La prima fase è assimilabile ad un trauma acuto, al pari di uno shock . Sensazioni di frantumarsi, alternanza di dolore a totale anestesia, freezing, immobilità e intorpidimento o allerta con agitazione e inquietudine.
La percezione è di irrealtà, come se “fosse un sogno”, quindi un vissuto di “irrealtà”.
Vuoto e solitudine si uniscono al disorientamento: il bambino non c’è più, eppure c’era! Ero gravida!
Senso di colpa, rimuginii , vergogna. Ricerca dei perché, del senso, delle cause.
Rabbia, risentimento verso sé e i familiari. Una voce assordante grida:
“Perché a mio figlio, a noi, a me?”
Segue una successiva fase, di struggimento per la persona perduta, e qui la coppia spesso cerca una nuova gravidanza, come soluzione per mettere a tacere quanto accaduto. Purtroppo, una nuova gravidanza non è “la medicina miracolosa” per dimenticare, anzi, su di essa grava e graverà tutto il perso dell’”irrisolto” della precedente perdita, con ricadute anche sul nuovo nato.
Se la pancia “resta vuota”, il processo di elaborazione può fisiologicamente proseguire, passando attraverso la protesta e a un profondo sconforto misto ad angoscia e disperazione.
La persona non è in grado di fare nuovi progetti per la propria vita.
Il sintomo principale è la depressione combinata con l’angoscia.
L’umore è vulnerabile, gli anniversari risvegliano ricordi e fantasmi.
Il processo di guarigione richiede che la perdita venga integrata nella realtà della vita perché questa possa continuare a fluire.
Quando il rapporto con il figlio perso si trasforma in un legame interiore che poggia sui ricordi impressi nella memoria, resi concreti dagli oggetti tangibili se ci sono (foto, libretti, cartella clinica, ecografie, urna il lutto si risolve e prende avvio la riorganizzazione della propria vita.
COMPLICAZIONI DELL’ELABORAZIONE DEL LUTTO: GLI EFFETTI DELLA TRAUMATICITÀ
Il processo di elaborazione del lutto può incontrare ostacoli e sfociare in lutti complicati.
Il lutto complicato è indice che il lutto non è stato ancora elaborato e che il rapporto con il figlio perso non si è trasformato, mentre si manifesta di frequente la depressione.
Permane una assoluta identificazione di Sé, come individuo, nella persona morta.
La reazione traumatica espone i genitori a un evento che mina profondamente la sicurezza personale rendendoli incapaci di reagire e di fronteggiare ciò che è accaduto.
Possono generarsi risposte patologiche come un Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), inserito tra i «Disturbi correlati a eventi traumatici o stressanti» .
L’attaccamento è disorganizzato, il senso di sicurezza minacciato, sintomi quali ansia, depressione, inibizione dell’attaccamento .
A ciò si aggiunga che non è insolito, nei figli nati dopo un lutto perinatale non risolto, il presentarsi di patologie e attaccamento disorganizzato.
FARSI AIUTARE?
La maggioranza dei genitori affronta ed elabora la perdita anche in autonomia. Quando giunge a ricordare e raccontare i ricordi e le emozioni piacevoli oltre che spiacevoli, dando parola ad “un amore assente” ma che nel profondo di sé è vivo e presente, il processo è stato compiuto e l’individuo ritorna, a ri-progettare l’ esistenza.
La complessità e traumaticità del percorso , può richiedere l’aiuto e l’accompagnamento di un professionista che possieda capacità professionali e presupposti emotivi per lavorare sul trauma e competenze professionali specifiche quali competenza nell’utilizzo dell’EMDR e/o della Terapia Sensomotoria.