Demenzaquando la mente si spegne…

Parte I

Premessa per il lettore

Il termine demenza, derivato dal latino, indica una persona “privata del proprio intelletto”

La demenza è definibile come un declino cognitivo cronico,  progressivo e neurodegenerativo, in quanto  comporta la perdita dei  neuroni e la conseguente compromissione di tutte le funzioni cognitive. 

L’allungamento della vita e la riduzione delle nascite, come già detto, ha incrementato il numero degli anziani e con essi l’interesse per la prevenzione delle malattie correlate al funzionamento cerebrale prima ancora della cura.

Gli esperti prevedono, nel 2020 a livello di popolazione mondiale, una presenza di circa 48 milioni di persone affette da questa malattia, già definita la   “peste del terzo millennio

Per questo motivo, ho pensato di dedicare tre brevi scritti a queste gravi malattie del nostro cervello, nell’intento di offrire qualche spunto teorico introduttivo, ma riservando uno spazio specifico alla malattia di Alzheimer, e alle figure familiari e professionali   che se ne prendono cura, il cosiddetto care-giver.

Il motivo del mio interesse trae origine da pregresse esperienze personali che mi hanno portato a confrontarmi con questa grave malattia e dalle esperienze che ho avuto modo di maturare a contatto con pazienti, familiari e operatori con cui lavoro quotidianamente in un processo di scambio e di costante confronto.

Conseguenza naturale dell’invecchiamento?

Le DEMENZE sono   manifestazioni nosografiche piuttosto frequenti tra i soggetti over 70,   pur essendovi esordi  di malattia  silenti e anche in età  molto precedenti.

Ritengo opportuno sfatare qualche mito, tra essi: credere che la demenza insorga, in tutte le persone anziane; infatti ci sono persone di età anche molto avanzata che rimangono lucide fino alla morte.

E’ indubbio che come il corpo anche il nostro cervello, almeno dai 60/65 anni   va incontro a un fisiologico   processo di involuzione.

Diventa più piccolo di volume, perde alcuni neuroni ed   è più lento   nel trasmettere gli impulsi nervosi con ciò che ne consegue, ma questo non significa soffrire necessariamente di demenza!

Sappiamo che la presenza di un disturbo cognitivo lieve   non è sempre l’anticamera di una evoluzione demenziale.

Lo stesso vale per la presenza di sintomi depressivi, piuttosto che episodi di delirio che possono fare riferimento a disturbi di natura psichiatrica, non infrequenti anche in età avanzata, pur essendo questi sintomi presenti anche in corso di demenza.

Che cosa conosciamo delle cause?

Gli studi   fin qui svolti hanno evidenziato alcuni fattori:

  • morte delle cellule nervose cerebrali,
  • malfunzionamento a livello di comunicazione tra una cellula e l’altra (intracellulare),
  • produzione  di agglomerati proteici anomali, rinvenuti all’esame autoptico del cervello( post mortem).

Le proteine coinvolte sono la proteina tau e l’alfa-sinucleina che formano delle placche e dei grovigli che inducono il deterioramento del tessuto cerebrale.

Non si escludono neppure, nella formazione di tali agglomerati, fattori genetici ed ereditari che spiegano l’insorgenza della patologia in soggetti giovani, già intorno ai 30/40 anni di età.

I sintomi?

Cercando di spiegare con un linguaggio semplice, accade che le prestazioni richieste dall’ambiente esterno, iniziano a presentare dei fallimenti a carico di alcune sfere cognitive, come la memoria, la capacità di risolvere problemi, di fare calcoli, di comprendere messaggi verbali e produrne, difficoltà a mantenere l’attenzione, problemi di orientamento per cui, il malato   può non riconoscere dove si trova o  non ricordare la data del giorno o  la stagione.

Nella malattia di Alzheimer,   può anche non riconoscere  più i  propri familiari (agnosognosia) e se stesso allo specchio.

I soggetti affetti da demenza scordano il nome degli oggetti, fatti recenti e salienti della propria vita, procedure di lavoro ormai consolidate, competenze tutte che sono sempre state presente nelle precedenti fasi di vita.

Questi insuccessi, a differenza delle persone anziane normali, aumentano sempre più, coinvolgendo anche aspetti del comportamento che possono oscillare dall’agitazione e aggressività   all’apatia e totale disinteresse per il mondo circostante, dal delirio alle allucinazioni. 

…..Nel mondo delle “DEMENZE”…..

Premesso che   la percentuale maggiore delle demenze è rappresentata dalla malattia di Alzheimer (50/60%).

Le  demenze non si fermano qui.  Utili alcuni chiarimenti.

Classificazione delle forme più note

Demenza di ALZHEIMER( 50/60/%)

Demenze Vascolari (20-25/%)

Demenza con Corpi di Lewy (Demenze Fronto -Temporali)

Demenze secondarie ad altre patologie (D. Alcolica, Demenza HIV, D. Metaboliche Ereditarie, da Prioni)

Demenze con Disturbi del Movimento ( Corea di Hungtington, Morbo di Parkinson, Paralisi progressiva).

 Rispetto all’evoluzione  tra demenze

  • Reversibili: associate a stati morbosi diversificati:

eventi traumatici,( colpo alla testa, traumi cranici, ematomi, ipossia), patologie cerebrali  (tumori intracranici),

agenti tossici (metalli pesanti, farmaci),

infezioni ( da Prioni, Menengiti, Encefaliti, Sclerosi Multipla)

carenziali ( demenza alcolica, deficienza di vitamina B12 e Folati)

Sussiste la possibilità di  regressione della sintomatologia e talora anche di guarigione. Si aggirano intorno al 15/%.

  • Irreversibili, per altro la maggior parte. Si connotano per un peggioramento graduale in direzione involutiva. 

Rispetto le arre cerebrali coinvolte tra demenze

  • corticali ( malattia di Alzheimer, malattia di Pick, malattia corpi di Lewy) con lesioni a carico dello strato più esterno della  corteccia cerebrale)
  • sottocorticali, quando le lesioni si localizzano al di sotto della corteccia cerebrale (malattia di Parkinson, Corea di Hungtington demenze Vascolari)
  • miste ovvero le forme in cui si ha una compresenza di lesioni corticali e sottocorticali.

SI PUÒ FARE PREVENZIONE?

. Ed è auspicabile che la prevenzione contro l’invecchiamento cerebrale divenga una sana   igiene di vita.

Fare “ prevenzione” significa prendersi cura  della salute del nostro cervello, alla pari di altri parti del nostro corpo, dove il concetto di prevenzione è  ormai a pieno titolo della quotidianità e dello stile di vita di molte persone.

Detto ciò, vorrei ricordare, per esperienza familiare e professionale, che la prevenzione comporta innanzitutto mantenere il cervello attivo.

Come?

Leggendo libri, riviste, ascoltando musica, incentivando nuovi interessi, conducendo una soddisfacente vita di relazione, praticando attività fisica e coltivando qualsiasi nuovo interesse. Tutto questo

In questo modo viene favorita   la socialità, rinforzata l’autostima, stimolata la curiosità, mantenuto attivo il fisico. Il tutto   a favore di una miglior qualità di vita per sé e per i familiari.

E, credo che questo non sia poco!