Il bullismo, (dall’inglese,”bullyng” )indica un insieme di comportamenti che il bullo mette in atto con l’intenzione di “avere potere” sul un’altra persona per “dominarla”. Tale fenomeno coinvolge i maschi come le femmine: il che vuol dire che entrambi i sessi, pur con le dovute diversità, possono assumere comportamenti “da bullo”, ma tranquilli ,le modalità sono diverse. Nei soggetti di sesso maschile prevale la prevaricazione fisica; in quelli di sesso femminile, i pettegolezzi, le menzogne, il parlare male, con l’intenzione di screditare ,ferire, umiliare e mettere in scacco la “vittima” prescelta. Del resto, noi “femmine”, quando ci impegnamo, abbiamo un ventaglio di risorse, di cui non sempre siamo noi stesse consapevoli.
Che ci dice della vittima? Quale vittima?
Colui che viene danneggiato, il nostro ragazzo/a. Un attimo. Mi avete chiesto di essere semplice, ma per me è un po’ faticoso, perché, noi Esperti, quando usiamo “termini tecnici”, ci sentiamo veramente “degli Esperti” e spesso dimentichiamo di dire le stesse cose con termini più semplici, ed utili per il lettore, che non è un Esperto!
Or dunque, la vittima, di solito, è un individuo sensibile, insicuro in diversi contesti sociali,, un poco pauroso, che trova nella famiglia sicurezza e protezione, talora eccesivi, che non dispone degli “strumenti necessari”, acquisiti in corso di crescita, per affrontare le conflittualità che sorgono tra individui, anche della stesa età, senza necessariamente dover subire ed essere prevaricato.
Cioè lei ci sta dicendo che non dobbiamo contollarli, darli regole e via dicendo, lasciando libero sfogo a fare tutto quello che vogliono?
Assolutamente no. Sto solo cercando di informarvi che l’eccesiva protezione l’ essere incollati alle “sottane della mamma”, è rasscirante per i grandi e per i piccoli, ma questa iperprotezione, rischia di divenire una specie di “campana di vetro”” che all’ adolescente impedisce di uscire e spiccare il volo verso il mondo esterno.
Per questo, la “vittima sacrificale”, quando provocata, non sa come reagire, non riesce ad affermare i propri diritti, ha paura e timore di vendette, quindi risponde alle condotte fisicamente e verbalmente violente e denigranti con la sottomissione nella convinzione di “non essere capace di”….”
Scusi, quindi che è meglio che i figli .”si “arrangino”.!
Niente affatto. Di frequente si tende ad essere un po’ esagerati, tenendoli in una nella “teca” o , all’opposto si mostra un ridotto interessate , che trova il suo estremo nei “genitori trascuranti”.
Vi invito a riflettere con me sul significato della parola: educare
Il processo educativo presuppone aiutare i figli conoscere e poi utilizzare tutte le risorse di cui dispongono, consentire loro di fare esperienza nella vita di tutti giorni, imparare che ,si può vincere, ma anche perdere. Ci sono situazioni in cui si fanno prevalere le proprie idee, ma molte altre dove si rende necessario “trovare un punto di incontro comune” dove nessuno esce “vincitore” ma neppure “vinto” nel rispetto degli altri.
La prevaricazione del bullo non è da meno della sottomissione della vittima.
Tutto chiaro? Per ora, sì.
… e allora il bullo chi è? Il bullo è il dominatore, colui che cerca altri con cui fare gruppo a patto che siano suoi fedeli ed alleati sostenitori . Fisicamente è forte, è temuto, e gli è dovuto rispetto. E’ il “capo” che decide come attuare il processo di umiliazione e sopraffazione del “debole” per sfogare su di esso, l’ aggressività, la rabbia, il disadattamento che porta dentro di sé.
Cioè, scusi Dottoressa, mi pare che da quanto sta scrivendo, anche il bullo non sia messo troppo bene. Giusto? Esatto. Vedo che siete attenti a quanto vi sto dicendo!.
Allora procedo, ma vi chiedo “tenetevi forte”. Ok? OK.
Sono consapevole che quanto state per leggere vi potrebbe lasciare “un poco perplessi”, se non addirittura “increduli”, ma “vittima e carnefice” sono le facce della stessa medaglia, con la sola differenza che una “faccia” è prepotente, l’altra “perdente”. Entrambi sono giovani “fragili”, con una stima di sé bassa, per lo più provenienti o da contesti violenti ed autoritari, al di là della classe sociale di appartenenza o da substrati così protettivi, da rendere difficile “imparare a confrontarsi con le frustrazioni, le sconfitte , i propri limiti. Si accettano solo le qualità che comportano affermazione, successo, vincita, potere, a qualunque costo e sulla pelle degli altri.
Per questo vi dicevo sopra che nessuno dei due ha raggiunto un livello di crescita che gli consentita di avere una immagine di sé “sufficientemente buona” da evitare di far ricorso alla “sopraffazzione” per uno, alla “sottomissione” per l’atro, il tutto nel tentativo ,poco consapevole, di essere tenuti in considerazione.
Ciò rende più facile comprendere come per il bullo sia importante il gruppo, in quanto il gruppo fa diminuire la responsabilità individuale, suddivisa tra gli spettatori “spettatori passivi”, e quelli “indifferenti.
E questo lo “definisce gruppo”? Certo, consulti Internet al sostantivo “gruppo”. Se l’uso è improprio, me lo segnali. Grazie.
Perché, a scuola,? Saprà bene anche lei, che la scuola deve educare, ovvero “fare quello che i genitori, non riescono a fare”, cosi molti adulti si aspettano e lo chiedono, ad una struttura che al massimo può “co-partecipare”, ma non sostituirsi!
I l fenomeno bullismo predilige i contesti di gruppo, e quello scolastico è un contesto di gruppo. Non avete mai pensato che il bullismo, fenomeno prevalentemente ascritto ai giovani, abbia nel “mobbing lavorativo” un equivalente adulto? Rifletteteci e poi ne possiamo anche riparlare!!!
Si spieghi meglio Dottoressa, visto che il disinteresse non è educante, l’iperprotezione neppure, e allora? Calma!
Se ha avuto la pazienza e la tenacia di arrivare a leggermi fin qui, le chiedo ancora uno sforzo. Qualunque sia la sua scelta, la ringrazio per avermi dedicato tempo fino ad ora .
E’ doveroso che lei sappia che il “comportamento violento” inteso nei termini che si manifesta nel bullismo, , al di là delle radici biologiche che rimandono a processi di biochimica cerebrale, si possono aggiungersi uso variegato di sostanze, ma resta espressione di un disadattamento sociale che si traduce nella mancata acquisizione delle più elementari norme che regolano la “convivenza civile”, siano esse morali che sociali.
Esistono delle norme?
Ebbene, sì, ma ognuno può regolarsi come meglio crede, rispetto ad esse. A qualcuno piacciono, a qualcun altro un po’ meno, ma non è solo questo il problema E’ rilevante sapere che i nostri figli ci osservano e spesso ci imitano, poiché i genitori sono per loro un punto di riferimento m da copiare oda rifiutare. Con ciò non voglio asserire dicendo, in modo perentorio, che gli adulti sono i responsabili di tutto. Per nulla, ma mi preme sottolineare che ,questi ultimi, hanno dei compiti, dei doveri, delle responsabilità, chiamateli come preferite ,che non dovrebbero essere scaricati su terzi. Ognuno deve fare il suo pezzetto: i genitori, la scuola, i giovani, gli spazi preposti allo svago/divertimento e quant’altro.
Un pizzico di spazio per la “propria libertà, un goccio di personale narcisismo, una punta di illusoria fantasia di “potere tutto su tutti”, ovvero, come sentirsi “onnipotenti” , un poco di “brivido per il rischio”, una scorza di “trasgressione”, una briciola di “sfida” per misurarsi con i propri limiti,. costituiscono un cocktail esplosivo, come nel fenomeno del bullismo.
Come aiutare allora i propri ragazzi? Se l’argomento vi interessa, fatemelo sapere e possiamo spaziare anche al cyberbullismo.
Avendovi promesso anche delle sintetiche istruzione per l’uso, alcune indicazioni di massima, ma verificate e dimostratesi valide.
Mantenere la calma . Una reazione immediata nei confronti del bullo o del suo nucleo familiare, può aggravare la situazione. Non altrettanto se comunicate a vs. figlio che avete fiducia in lui, e gli chiarite che nessuno ha il diritto di maltrattare un’altra persona.
Chi è vittima del bullismo, spesso prova sentimenti di rabbia, tristezza, inadeguatezza rispetto al proprio valore. Il bambino deve saper che i sentimenti che prova sono legittimi e deve poter esprimere la sua rabbia e la sua tristezza, sana e motivata.
Rispetto alla paura che ha provato, e prova, gli adulti devono aiutarlo a riconoscere questo sentimento, e poi stimolarlo a mettere in campo maggior sicurezza anche tramite una comunicazione “assertiva”
Farsi spiegare quale obiettivo intende raggiungere quando reagisce di fronte alle provocazioni del bullo. Qui potrebbe aprirsi un mondo sconosciuto anche a voi genitori: da un modo di non essere da meno rispetto al bullo, a quello di farsi degli amici, piuttosto che apparire davanti ai compagni popolare ed avere la loro attenzione.
Ora, alcune strategie pratiche, ma risultate efficaci:
•non fermarsi mai da solo in posti pericolosi, aule vuote, spogliatoi, ma stare con altri bambini, anche se non sono degli amici
•evitare il bullo e i luoghi in cui è solito appastarsi. Utile cambiare percorso.
•incoraggiarsi tra sé e sé. Ad esempio, “io mi piaccio così come sono”
•ricordarsi che il bullo provoca per vedere l’altro reagire. Imparare a fare come se non ci fosse.
•fare a pugni non è una soluzione. I bulli sono scorretti anche nello scontro fisico; di certo risulta più opportuno dargli ragione ed andarsene, più tardi riferire ciò ai genitori.
Voglio congedarmi da voi con un invito:
“Incoraggiare, dare fiducia, stimolare le risorse è compito degli adulti, metterle in campo spetta al ragazzo.”, poiché anche questo “comporta crescere”! Grazie.