Sono costantemente in aumento gli uomini che vogliono affrontare la paternità in un modo diverso rispetto ai propri padri. Questi non respingono l’idea di chiedere aiuto attraverso brevi consulenze psicologiche o di confrontarsi con altri padri che si preparano a vivere la stessa situazione o l’hanno già vissuta.
Nel primo anno di vita, le abilità pratiche non sono più obbligatoriamente un’esclusiva materna. Il cambio del pannolino, la medicazione del cordone ombelicale, il bagnetto o qualche notte insonne possono coinvolgere in modo dinamico anche il padre.
Questi atti, oltre ad alleviare il peso del ruolo della madre, permettono fin da subito un ruolo attivo e partecipativo dell’uomo. In questo modo non solo saranno attivati il legame con il figlio e la sua affettività, ma verrà anche limitata l’unicità della diade madre-bambino che impregna almeno il primo anno di vita. Questo processo, di per sé semplice, ha anche altri effetti positivi: facilita e asseconda la complicità genitoriale e quella di coppia, fondate entrambe sulla collaborazione, sul confronto e sull’aiuto reciproco, permettendo inoltre l’instaurarsi di un clima familiare più sereno a vantaggio di tutti, in particolare del neonato.
Con queste basi, il neo-papà riveste da subito una posizione importante nella crescita del figlio senza dover aspettare almeno un altro anno prima di avere con lui un rapporto stimolante e appagante. Da parte sua il piccolo imparerà ad adeguare le sue risposte dipendentemente dall’interlocutore con cui si relaziona. Ne risulta che l’assenza momentanea di uno dei due genitori non sarà vissuta dall’infante come un abbandono bensì come interscambio di figure entrambe significative, note e rasserenanti.
La letteratura specialistica sull’argomento afferma che non si tratta di diventare dei “mammi”, ma piuttosto di lasciare spazio alla parte “Anima di Sé”, mettendo in atto condotte non più proprie solo della donna: vivere emozioni seguendo in modo attivo e partecipativo la crescita dei figli, non più relegata a fasi successive di sviluppo.
Se il padre è preposto alla “strutturazione del Super Io” – inteso come interiorizzazione di regole, principi e veti – esiste una notevole discrepanza non solo linguistica ma anche contenutistica nell’esercizio del potere da autoritario ad autorevole.
Vivendo oggi in un contesto sociale in cui padri e madri sono ambedue legittimati ad esercitare, senza differenziazione, sia l’autorità che l’affettività, questo sviluppo, se ben guidato, potrebbe nel tempo incoraggiare nei figli una vantaggiosa integrazione del codice materno con il codice paterno, sostenendo la nascita di nuove generazioni, oggi figli e domani adulti, il cui ruolo di partner e di padre assimili la funzione normativa con quella accuditiva.
L’uomo come padre e compagno
Padre, certo, ma ancor prima uomo e compagno. Quindi sostegno, supporto, vicinanza alla propria donna, “base sicura” per la stessa.
Un simile presupposto porta a pensare alla coppia non come due cerchi concentrici ma come incrocio di due cerchi la cui parte comune altro non è che manifestazione di un processo d’integrazione e assimilazione delle somiglianze e delle differenze individuali in costante divenire.
Con il ritorno a casa dopo il parto la donna, felice ma allo stesso tempo spaventata dal suo nuovo ruolo di madre, ha necessità di percepire la risolutezza e la fermezza del partner quale punto di riferimento. Questo esige che l’uomo sia sufficientemente deciso nel tutelare e difendere la privacy della neo famiglia, lasciando familiari ed amici un po’ sullo sfondo a favore dell’assestamento del nuovo nucleo. Non è cosa facile e tantomeno scontata: l’argomento deve essere già stato oggetto di confronto tra i due adulti.
Questo modo di porsi, in cui il primo interesse è volto a creare l’adattamento dei genitori e del neonato nel nuovo contesto, è opportuno venga subito esteso anche ai familiari stretti quali, ad esempio, i nonni. Nonostante possano divenire una preziosa risorsa, agli inizi, scordandosi il ruolo che realmente ricoprono, potrebbero porsi come “genitori sostitutivi”. Ne derivano consigli ed istruzioni non richiesti relativi al modo più efficace per crescere un figlio, forti del fatto che essi stessi ne hanno già cresciuti alcuni.
Questo comportamento costituisce spesso un elemento di disturbo, d’irritazione e di conflitto per i neo genitori alle prese con realtà totalmente nuove.