Dal punto di vista professionale assisto a richieste di sostegno e aiuto psicologico, in presenza di un’ alta conflittualità tra i partner, oppure quando uno dei due, sia chi è lasciato, sia chi lascia, attribuisce la rottura del legame alle limitazione dell’Altro.
Risulta molto faticoso, pur tenendo conto dei singoli dati di realtà, sollecitare delle riflessioni sugli errori, o carenze agite da entrambi, anche inconsapevolmente. Questo meccanismo psicologico di “spostare all’esterno di sé” ogni colpa o responsabilità., consente di ridurre la messa in discussione delle proprie limitazioni e responsabilità; dall’altro, può divenire opportunità per ottenere riconoscimento e consenso non ricevuto appieno in regime di convivenza, da parti degli altri, (familiari, amici,, conoscenti .)
Questa modalità , di frequente, riflette un vissuto soggettivo, denso di delusione, colpa rabbia e , risentimento, per aver rinunciato a sé per il bene della famiglia, al pari di chi ha lavorato a dismisura, per consentire una buon tenore di vita, e così si potrebbe continuare.
A conferma di ciò, constato quante coppie, pur separate, o prossime al divorzio, continuino a confliggere, come se fossero ancora conviventi.
Aspetti psicologici della separazione: un percorso per tappe
Bohannan (1970, 1973), oltre 30 anni fa, parlava di
“dimensione psico-sociale e legale del processo della separazione”.
Con tale espressione si intende:
- la separazione economica, ovvero l’aspetto economico della frattura familiare; la separazione legale ,ovvero tutti gli aspetti giuridici,
- la separazione emotiva, di seguito riferita
- la separazione dalla comunità. Gli amici della coppia restano, per lo più,amici di uno solo della coppia, e l’escluso deve trovare nuovi contatti, e realtà sociali, vivendo anche momenti di “solitudine”.
La separazione è sempre conflittuale?
E’ luogo comune identificare la separazione con i conflitti, le tensioni, le manipolazioni, le carte bollate fino alla “guerra dei Roses”.
Di contro, una separazione, dove le parti, da sé, raggiungono accordi comuni, fanno riferimenti ad un unico legale, lasciano in secondo piano l’aspetto affettivo di compagni o coniugi, a favore della “genitorialità”, vivono la perdita del nucleo da loro costituito, come un evento “doloroso”, ma che può accadere nel ciclo di vita.
Ciò risulta molto diverso da un percorso costellato da aspre conflittualità e reciproco discredito, realtà molto diffuse.
Ridurre le astiosità, presuppone aver realizzato con la testa e con il cuore, la perdita e il lutto per il fallimento di un progetto comune, nella consapevolezza che non si riesce più a camminare insieme.
Non è infrequente che a tale decisione i partner possono pervenire anche all’interno di un aiuto psicologico di coppia, che li rende consapevoli della loro realtà.
Separati senza separarsi?
Certo, anche questa è una soluzione possibile, e non infrequente, sia per i costi conseguenti alla separazione, sia per tutelare uno “status” con il quale ci si identifica.
Vi sono unioni che “falliscono”, nonostante ottime premesse economiche, sociali, psicologiche; altre che “convivono” con le conflittualità, le crisi, conducendo, sotto lo stesso tetto, vite parallele.
Altre, ancora, in cui ciò che è sancito giuridicamente non trova corrispettivo sul piano psicologico: ovvero i partner, o uno dei due, non riesce ad attuare il “distacco emotivo” Vive la fine del rapporto, come se “perdesse una parte vitale di sé”, impedendo la “separazione emotiva”. Attraversata la fase del lutto e del dolore, alla stessa stregua della morte di una persona cara, l ‘individuo, nel rispetto dei suoi tempi, torna ad investire in nuovi progetti di vita ,inizia a “guardare al futuro”, non più solo al “passato”..
Ritrova la fiducia in sé, nelle proprie capacità, scopre risorse, prima sconosciute, matura la consapevolezza rispetto alla conclusione di quel rapporto d’amore, elabora i propri errori, e approfondisce le motivazioni che hanno caratterizzato la scelta di “quel partner”
Riflessioni conclusive
Come si può vedere la separazione/divorzio, è una sorte di caleidoscopio in cui entrano in gioco dinamiche profonde ed antiche, che pongono davanti ad importanti cambiamenti nel proprio percorso esistenziale, sia che siano o meno presenti anche i figli.
Ciò che si può, a mio avviso, tenere in considerazione, che nulla è ” certo, garantito e per sempre”. Deve essere quotidianamente rinnovato, e ri-confermato.
Certo è che questa fase dolorosa della vita, se utilizzata in modo costruttivo, può portare ad una possibilità di ” rinascita della persona”, anche, se per fortuna, esistono anche altre modalità per evolvere e crescere.