Statistiche alla mano, il pianeta sta invecchiando e l’età media della popolazione è in rapido aumento.
I dossier dell’Onu del 2015 sottolineano, che nel 2020, per la prima volta nella storia dell’umanità, la percentuale degli ultrasessantacinquenni supererà quella dei bambini di età inferiore ai cinque anni.
Accessibilità alle cure, miglior sistema sanitario, stile di vita più sano oltre alla mancanza di politiche a sostegno della donna che lavora, ha inciso sul calo delle nascite portando l’Italia al quindicesimo posto dei 27 Stati Europei.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) parla di invecchiamento attivo e in buona salute, con riferimento ad “un processo di ottimizzazione” di tutte le risorse individuali disponibili, al fine di migliorare la qualità della vita dell’ anziano, incentivando un comportamento proattivo, ovvero che induca a ricoprire ruolo attivo nel contesto familiare e sociale.
Possiamo, quindi, dire che, fra poco ci saranno più nonni che nipoti!
A CHE ETÀ UNA PERSONA DIVENTA ANZIANA?
Premesso che la stessa letteratura, al riguardo, non è univoca, è possibile tracciare una sommaria, per lo più teorica suddivisione, per poter avere dei termini ipotetici di riferimento, utilizzando i parametri cronologici, per facilità, e a questi intendo fare riferimento.
Un’ altra puntualizzazione riguarda come si invecchia, ovvero in quali condizioni fisiche.
Come stiamo vedendo, la terza e quarta età aprono orizzonti nuovi, ma non annullano, lo stereotipo, in precedenza, quasi esclusivo, dell’anziano fragile, dipendente e solo, tuttora esistente, ma procrastinabile in decadi successive ai 75 anni.
E’ indiscusso che, l’insorgenza di patologie neurodegenerative cerebrali e quali ad esempio, una demenza, esiti di episodi multi-infartuali, traumi cranici con compromissioni di arre cerebrali e altri quadri clinici, costituiscono eventi che espongono paziente e famiglia a significativi cambiamenti di qualità di vita allontanandosi da un invecchiamento fisiologico, anche molto prima.
GIOVANI E GRANDI ANZIANI: UNA LINEA TEORICA di demarcazione
Le persone over 65 possono essere suddivise in due categorie: i giovani anziani, ovvero quelli che hanno un’età compresa tra i 65 e i 75 anni, e i grandi anziani.
La maggioranza dei giovani anziani è impegnata a dare
assistenza sia ai grandi anziani ,come i propri genitori oltre a fare i nonni, offrendo aiuto ai figli occupati nel lavoro.
Spostando l’età in cui si “diventa anziani” introno ai 70/75 anni, possono valere come riferimento passaggi ‘attraverso alcune fasi del ciclo di vita:
l’uscita dei figli da casa, che, la conclusione della fase lavorativa, oggi tardiva, la nascita del primo nipote, la perdita del coniuge o del compagno.
Laddove i nipoti non ci sono ancora e molti figli, cronologicamente adulti, over 30/35, abitano ancora con la famiglia di origine, possiamo osservare come, la loro permanenza in casa sia destinata a prolungarsi.
A giustificazione: la crisi economica, la precarietà lavorativa, ma anche la comodità, la non motivazione ad investire su di sé con progetti di crescita, rinviando il secondo taglio del cordone ombelicale, molto in là negli anni!
Dal punto di vista psicologico è importante sottolineare che, l’età avanzata, rispecchia il modo in cui abbiamo vissuto, siamo stati educati, le sollecitazioni culturali e sociali che hanno alimentato le fasi precedenti di vita, le relazioni affettive costruite e presenti, non ultimo la condizione socio-economica e il relativo prolungamento dell’età lavorativa, almeno per quanto riguarda in nostro Paese in questo momento storico.
Osservando e condividendo tempo e spazi con i “nuovi anziani” ho avuto modo di osservare la tendenza a ricercare stimoli e occupazioni gratificanti al fine di produrre “piacevolezza e benessere” per la propria persona, sentendosi ancora protagonisti attivi della realtà individuale e collettiva.
In che modo?
Mostrano curiosità verso differenti spazi aggregativi e ricercano nuove stimolazioni : il burraco, il bridge, lo studio delle lingue, anche orientali, la partecipazione a corsi per l’utilizzo del p.c e dei social, partecipazioni a visite di mostre piuttosto che viaggi a sfondo culturale, disponibilità per il volontariato in vari settori, e un sempre crescente interesse e investimento in direzione della cura di Sè in linea con stili di vita sani, volti alla prevenzione e promozione della salute fisica, psicologica e mentale.
Ne scaturisce la cura per una sana alimentazione, in particolare la dieta mediterranea; per la regolare attività fisica, come, gruppi di cammino. In altre parole ci si occupa di “mantenere il patrimonio salute”, che non è “assenza di malattia”, ma una “condizione” che consente il più a lungo possibile, autonomia, autosufficienza, assenza di isolamento, percezione di autoefficacia.
Questi processi hanno una positiva ricaduta anche sul funzionamento del cervello, che grazie alle scoperte delle neuroscienze, in qualsiasi fase della vita, se opportunamente stimolato, può apprendere e creare nuovi collegamenti tra i suoi neuroni. Ne discende che le funzioni cognitive, come l’attenzione, la memoria, la creatività, il ragionamento, possono essere allenate, alla stregua del corpo, attraverso una regolare ginnastica, in questo caso, mentale.
QUALCHE RIFLESSIONE
Oggi, raggiungere il traguardo degli “80 e oltre,” ancora in soddisfacenti condizioni, è una meta possibile, pur all’interno di un fisiologico invecchiamento.
E’ importante essere consapevoli, che è del tutto sano che “la vecchiaia” porti con sé un decadimento psicofisico progressivo, pur ben monitorato, ma questo processo non significa annullamento delle capacità fisiche, psichiche e mentali della Persona, pur essendo ciascuno di noi destinato a portare a compimento il proprio percorso esistenziale nello stesso modo in cui ha avuto inizio.
Per il momento, non resta che osservare il fenomeno nella fiduciosa speranza che vengano tutelate” quantità ma anche qualità” di vita!