Emma e Matteo stanno provando a gettare le basi per una solida e duratura relazione di coppia, tutto sembra procedere per il meglio, ma ecco arrivare i primi conflitti! Inizialmente, le discussioni sembrano banali, ma poi i toni diventano aspri la coppia inizia a considerare solo gli aspetti negativi della loro relazione, non riconoscendo più la persona dalla quale erano stati inizialmente attratti.

Cosa è successo?
I motivi per cui nascono i conflitti all’interno di una coppia sono molteplici, infatti possono entrare in gioco fattori legati alla personalità, modalità sbagliate di comunicazione od ancora uno scarso controllo della rabbia. Proviamo a dare una breve e non esaustiva panoramica di alcune di queste variabili.
In primo luogo, le personalità dei partner giocano un ruolo cruciale nella generazione dei contrasti, proviamo a fare un esempio ed immaginiamo che Emma abbia una personalità dipendente, si senta poco capace, tema l’abbandono e di conseguenza cerchi molte rassicurazioni da parte di Matteo che diversamente, sia autonomo, non ami chiedere aiuto e tema di perdere la propria libertà.

Queste due personalità valuteranno un identico gesto, come quello di una banale offerta di aiuto, in modo molto diverso: Emma lo vedrà come una dimostrazione d’affetto, quindi apprezzabile, Matteo come un atto superfluo, non richiesto, persino offensivo rispetto alla propria idea di forza e di autoefficacia; ognuno di noi, infatti, interpreta il mondo circostante secondo le proprie credenze e caratteristiche di personalità: il romantico vedrà il mondo tinto di rosa, il pessimista in nero. Di conseguenza, un primo passo importante per gestire un conflitto di coppia consiste nel considerare la personalità dell’altro, cercando di non sentirsi minacciati senza motivo dal suo diverso modo di concepire la vita.

E’ bene inoltre considerare che a volte quello che ci sta irritando del partner, potrebbe essere proprio ciò che ci ha attratto in lui all’inizio della relazione! E’ probabile infatti che Emma sia stata attratta da Matteo proprio per la sua sicurezza e disponibilità ad offrirle aiuto, e che lui fosse ben lieto di sostenerla, sentendosi utile; tuttavia, immaginiamo che, col passare del tempo, Emma avverta il desiderio di riscattare la propria insicurezza tentando di divenire più autonoma: “Questa volta vorrei guidare io!”, Matteo conoscendo la sua paura dell’autostrada e desiderando aiutarla, risponde: “Non ti preoccupare ci penso io…”. Emma, diversamente dal solito, rimane delusa e pensa: “Ecco non si fida di me, crede che sia un’incapace!” e reagisce alle parole di Matteo con stizza: “Ecco sei sempre il solito!”. Matteo rimane sorpreso e offeso dalla reazione di Emma: “Si può sapere che ti succede?” e pensa: “Ingrata, volevo solo aiutarla…”.  A questo punto, Emma e Matteo cominciano ad etichettarsi vicendevolmente in modo negativo, malevolo. In particolare, entrambi i partner iniziano ad interpretare le reciproche azioni secondo una “prospettiva chiusa”, basata cioè solo sui propri riferimenti personali, tralasciando le nuove informazioni che possono essere acquisite, nel tempo, sul partner e sul suo percorso di crescita individuale. Di conseguenza, rimangono fermi sui propri desideri piuttosto che ascoltare quelli dell’altro: Matteo desidera maggiormente prestare aiuto e sentirsi utile, piuttosto che accogliere il nascente desiderio di autonomia di Emma, e questo atteggiamento può generare un conflitto. In generale, sarebbe utile interagire con il proprio partner mantenendo una “prospettiva aperta”, in questo modo saremo in grado di modificarne l’immagine durante tutto il percorso di coppia, riuscendo a vedere il mondo attraverso i suoi occhi.
Un ulteriore errore che contribuisce a consolidare l’immagine negativa del partner è costituito dall’uso frequente e rigido delle generalizzazioni (Emma: “Non mi ascolta MAI!”, Matteo: “Lei si lamenta SEMPRE!”). A questo proposito, è probabile che in alcune occasioni, le osservazioni reciproche dei partner siano state veritiere, tuttavia al ripetersi degli episodi le accuse si sono cristallizzate e generalizzate a tutto il comportamento dell’altro, esprimendo questa idea, ad esempio, attraverso l’uso degli avverbi “mai” e “sempre”. Continuando ad utilizzare tali generalizzazioni in modo reiterato, consolideremo sempre più la nostra idea negativa del partner e potremmo associarvi anche un’immagine di quest’ultimo in atteggiamento sprezzante. Di conseguenza, al momento per la coppia di ritrovarsi, invece che emozioni piacevoli, si sperimenteranno emozioni negative quali rabbia, paura o disgusto. In seguito, a causa del nostro atteggiamento, tenderemo ad ignorare i gesti gentili offerti dal partner o vi attribuiremo una valenza negativa (“Come mai questa gentilezza? Cosa avrà in mente?”), mentre i gesti negativi saranno ulteriormente disprezzati. Alla luce di quanto detto, il conflitto di coppia potrebbe essere evitato o almeno ridotto, imparando ad utilizzare prospettive aperte nei confronti dell’altro ed evitando l’uso delle generalizzazioni.

Nella generazione dei conflitti di coppia interviene un altro importante fattore: il linguaggio non verbale. Un tono sprezzante può essere provocatorio ed offensivo più delle parole che pronunciamo. Lo sguardo, l’espressione del volto, l’atteggiamento del corpo accompagnano le nostre parole e con esse veicolano un duplice messaggio, tuttavia, rispondiamo con più immediatezza proprio alla componente non verbale. In risposta ad una richiesta di Matteo, Emma pensa “Aveva un tono seccato quando mi ha chiesto se potevo chiamare la banca, probabilmente pensa che combinerò un pasticcio! Ma chi crede di essere?”; a questo punto, ignora le parole e risponde con irritazione al tono della voce, Matteo non essendo consapevole del pensiero di Emma, interpreta la risposta come un rifiuto innescando il conflitto di coppia. Al fine di disinnescare questo meccanismo, sarebbe utile isolare i nostri pensieri automatici, diversamente da quanto fatto da Emma, cercando di concentrarci sul significato delle sole parole pronunciate, in tal modo eviteremo un conflitto poco costruttivo, rimandando l’eventuale discussione ad un momento di maggiore calma.